Al Cospetto del Grande Salice

Il repentino cambio di tempo lo allertò. Il cielo si ottenebrò e quelle che parevano nubi temporalesche erano in realtà un nugolo di frecce all’attacco! Prima ancora che raggiungessero il loro scopo il suo cuore già si sentiva trafitto. Come ci si può difendere da così tanti dardi?

All’ultimo microsecondo riuscì a ripararsi sotto il prezioso scudo di rame. Lo sollevò. Era stato colpito quattro volte. Quattro dardi che avrebbero potuto essere conficcati nella sua carne e nelle sue ossa. Gettò a terra quel che restava del suo miracoloso salvatore e si guardò attorno. Ciò che prima era una spietata nuvola ora era un pavimento acuminato e irto di pericoli. Lei era distesa a pochi metri da lui, insieme a molti altri e agonizzava trafitta in talmente tanti punti del suo esile corpo da non avere scampo.
« Gefah! Nooo», gli corse incontro. 
La più dolce delle creature lo aveva abbandonato, rea soltanto di avere un cuore nobile ed un giusto senso di giustizia. Non gli aveva mai detto di amarla, in realtà non ne era mai stato così consapevole come in quel preciso istante. Gli occhi si riempirono di lacrime e un grido di rabbia uscì dalla sua bocca: 
« Dannati Orchi!»
Come lei anche tanti altri elfi lasciarono il mondo terreno per raggiungere il paradiso degli Avi Smeraldi ed era solo l’inizio: L’orda era assetata di dominio e distruzione. Non si sarebbe piegata con facilità di fronte alle armate di Illyos! Tre dei duecento nemici erano già di fronte a lui con schioccanti fruste e mazze chiodate. Al suo fianco la scimitarra brillava per richiamare la sua attenzione, ma lui staccò il palmo della mano, stremato. Tutto si ottenebrò e gli Occhi di Resina tornarono a guardarlo, e lo facevano con aria interrogativa.

La sua presa era forte ma sentiva le dita che tremavano. La corteccia ruvida e piena di solchi offriva un buon appoggio così assestò una nuova spinta posteriore, consolidò la tenuta ed avanzò di altri due metri.
Alzò lo sguardo, le lunghe fronde dell’Albero della Saggezza ondeggiavano benevole avvolgendoli nel suo florido abbraccio.
Teldof, Gefah e Ambaril erano già alla terza diramazione, laddove i tralci erano più fini e lisci. Doveva darsi una mossa. Si spinse più in alto ma superata la prima branca l’arrampicata non era più così agevole. Un rivolo di sudore gli scendeva dalle tempie e non solo.
Sentiva il propagarsi delle grida d’incitamento degli spettatori. Tutti gli abitanti della Valle erano presenti! Persino il re Illyos, a cavallo della sua fiera bestia azzurra, non perdeva l’occasione per assistere alla sua gara preferita!
« Wiffil, Wiffil», acclamavano. Doveva essere molto in alto, pensò Rubbie, perché era l’unico dei concorrenti che non riusciva a vedere!
Espirò fuori tutta l’aria che aveva nei polmoni e salì ancora, ma era fradicio e i quadricipiti gli dolevano chiedendogli pietà.
« Forza Wiffil!», continuava ad urlare il coro di elfi. « Mai un forza Rubbie!», si lamentò.
Poi accadde tutto insieme. Il piede poggiato male, lo sbilanciamento. Perse ogni aderenza e crollò giù di alcuni metri. Ansante riprese il contatto con il salice per evitare una rovinosa caduta che lo avrebbe sicuramente ucciso ma era troppo tardi: Wiffil aveva raggiunto la cima, lo capì dall’esplosione della folla, e lui anche quest’anno era arrivato ultimo.
Si osservò il ventre rotondo e giocò con la sua pelle molliccia. Era un esemplare un po’ abnorme.
Cicciottello fin dalla nascita ed anche piuttosto bassino, si era sempre sentito diverso dai longilinei e agili coetanei. Anzi, a dire il vero proprio da TUTTO il popolo elfico e, come se non bastasse, non era dotato in niente! Perdeva sempre alle gare di corsa che si svolgevano nella Notte di Luna e scivolava ogni benedetta volta nella arrampicata dell’Albero della Saggezza! Perdendosi così la possibilità di ammirare la Valle del Bosco Smeraldo dall’alto. A nulla valevano i racconti dei suoi amici se non a fargli salire un’incontenibile invidia. A nessuno aveva mai parlato di questi suoi sentimenti ma di fatto si era sorpreso a desiderare che scivolassero giù anche loro e che provassero almeno un grammo della inadeguatezza che provava lui in loro compagnia…
D’altronde era nato elfo – nonostante il suo aspetto, il suo carattere e persino il suo nome non lo dimostrassero – nel più incantevole dei boschi, le cui cime luccicavano al sorgere del sole.
Adorava la sua gente e la sua casa anche se si sentiva profondamente inadeguato.
Le aveva provate tutte. Aveva fatto la dieta del Tarassaco, mangiando solo preparati della pianta dimagrante per un mese: stufata, bollita, a crudo con un po’ di sale ma il solo effetto che aveva avuto quel supplizio era quello di fargli aumentare ancora di più la voglia di mangiare cose buone.
Si era deciso allora a fare più movimento certo che avrebbe giovato al suo massiccio corpo e alla sua fragile mente ed in effetti così era stato ma non poteva ancora competere con i suoi amici, neanche dopo mesi e mesi di duro allenamento. Restava sempre il più impacciato nelle corse e il più incapace nei tiri con l’arco.
« Grande Rubbie!», lo salutò improvvisamente Ambaril, interrompendo il suo rimuginio: « Hai saputo?».
« Saputo cosa?»,
« C’è stato un attacco l’altra sera»,
« Che attacco?»,
« Si, gli Orchi delle Lande del Ris ci hanno mosso guerra! Vogliono distruggere la Valle del Bosco Smeraldo e sterminare ogni suo abitante!», spiegò il giovane: « Mentre eravamo tutti alla festa quei farabutti ne hanno approfittato per incendiare il limitare ovest!»
« E’ proprio così», confermò una voce cavernosa. I due giovani si voltarono e riconobbero subito il Mentore, il più colto fra gli elfi e consigliere del Re Illyos: « E’ per questo che sono qui. Dobbiamo assoldare i difensori del Regno! Voi parteciperete?».
« certo!», replicò fieramente Ambaril: « Combatteremo per il nostro popolo!».
Ma Rubbie si osservò le abbondanti cosce e si accarezzò il morbido braccio con fare nervoso.
« Tutti hanno le qualità per difendere il regno!», lo incoraggiò il saggio ma le cose non andarono come sperato.
Il Re inviò il suo Grifone Regale a consegnare la pergamena d’invito. La maestosa creatura azzurra sorvolò casa su casa passando sotto ogni ramo e dentro ogni tronco abitato per avvisare i sudditi di Illyos che erano convocati per difendere la loro casa! Rubbie, con profondo dispiacere, non ricevette niente.
I suoi compagni marciarono ad occidente come un solo corpo e lui restò al villaggio insieme ad anziani, bambini e Sua Maestà, rintanato nella sua immensa fortezza/dimora nel folto del bosco. Ancora una volta provò la frustrazione dell’inadeguatezza ed era afflitto dalla sua inutilità.

Passarono i giorni e Rubbie aveva notizie degli scontri solo attraverso il più anziano del villaggio, il Mentore. L’unico elfo che parlava con l’Albero della Saggezza e ne traeva notizie dal mondo.
« Sei preoccupato?». Gli si avvicinò.
« Si». Ammise.
« C’è un ottimo rimedio alla tribolazione».
« Se c’è, mostramelo!».
L’anziano rispose con un sorriso enigmatico, si voltò ed iniziò a camminare fra gli alberi.
Rubbie incuriosito lo seguì, certo che non gli stava mentendo.
« Eccoci qua », disse infine, « Conosci bene queste fronde, vero?»
« Si, mi hanno fatto cascare giusto ieri sera…», borbottò.
« Credi davvero che sia stato Lui a farti cascare?»
« No. Mi stavo solo sfogando. Il realtà sono io che sono un buono a nulla».
« Sai che io ci parlo spesso?»
« Si».
« Bene, perché mi detto di farti venire qui stasera. Ha qualcosa da dire anche a te, o meglio, può esaudire un tuo desiderio ma solo se è ciò che vuoi realmente. Pensa saggiamente a cosa ti preme e poi appoggia il palmo della mano fra queste due insenature». Spiegò l’anziano mostrando il gesto con il suo arto scarno e ricolmo di macchie:
« E’ una preziosa occasione, non sprecarla!», lo ammonì.
Rubbie contemplò il tronco per i secondi a venire poi quando fu i suo momento replicò il gesto dell’anziano e chiuse gli occhi cercando di far sua l’essenza dell’albero.
Due occhi di resina si aprirono fra la corteccia. Il salice era pronto a parlargli ma non comunicava a parole, bensì con le immagini.
Vide i suoi compagni combattere. Desiderò vedere lei, l’elfa per la quale provava qualcosa di speciale, e subito l’albero l’ascoltò perché i suoi inconfondibili occhi verdi erano davanti ai suoi ed il cuore gli batteva forte. La vedeva combattere strenuamente, con tutto il suo ardore.
« Voglio dimagrire!», pregò allora: « Voglio diventare agile e forte come i miei amici per essere degno di starle al fianco!».
Ma l’albero non lo esaudì.
« Perché?», domandò a voce alta.
« L’albero ha una sua Volontà ed un suo piano per il popolo elfico, non è un mero esecutore di desideri », disse il Mentore, che assisteva silente a quella conversazione silenziosa: « Avvera soltanto quei sogni che provengono dal profondo del cuore e che sono in grado di generare una vera svolta positiva».
« Ma il mio desiderio è positivo! Voglio aiutare e avere i mezzi per farlo!»,
« Tu hai ragione, ma la Volontà dell’Albero della Saggezza è un tipo di volontà che va oltre la nostra visione terrena… Essa considera tutto! E per questo che per noi elfi è difficile da capire!».
Ci riprovò, osservando le gocce lucide sulla corteccia e divenendo consapevole che Egli stava scrutando ogni angolo del suo animo: « Voglio aiutare i miei amici».
Improvvisamente una nuova ondata di immagini lo percorse dalla cima del capo alla punta dei piedi. Ma stavolta non era un mero spettatore, si trovava davvero immerso nella battaglia. 
Sentiva l’odore del sudore e del sangue, provava la paura della morte e la bramosia della lotta. Vide un nugolo di frecce in avvicinamento e si riparò, senza saper come, dietro uno scudo di rame che era appena apparso per salvargli la vita. Vide la morte di Gefah e si straziò dal dolore.
« Ti prego Albero, aiutami!!», e subito al suo fianco apparve una scimitarra splendente. Aveva di fronte tre avversari pronti ad ucciderlo ma lui staccò istintivamente la mano dal tronco ed immediatamente fu trasportato di nuovo nella Valle del Bosco Smeraldo.

Perché lo hai fatto?, lo rimproverarono gli occhi di resina.
Ho esaudito il tuo desiderio, portandoti immediatamente dai tuoi compagni, ti ho dato i mezzi per batterti e tu sei fuggito!
« Ho avuto paura. Non sono in grado. Sono grasso, lento, e impacciato! Se non è riuscita a sopravvivere Gefah come posso sperare di riuscirci io?».
Ma hai appena schivato quattro frecce!
« Solo grazie al tuo scudo».
Io ho fatto ciò che mi hai chiesto. Ti ho reso in grado di difendere la tua gente ed il tuo bosco, ti ha fermato solo la tua insicurezza. Adesso me ne vado. Ho esaudito il desiderio anche si è rivelato inefficace…
« Aspetta!», lo implorò allora Rubbie: « Non aiutare me, aiuta loro!», lo pregò:
« Rendili più veloci, più abili e precisi di quanto già non siano, falli tornare sani e salvi a casa, io li aspetterò qui e resterò a pregarti finché non mi esaudirai…». Ma L’Albero della Saggezza fece qualcosa di inaspettato. Lo ricoprì di luce e lo sollevò fin sopra la sua grande chioma. Adesso poteva vedere tutta la Valle del Bosco Smeraldo, la vista era mille volte più stupenda di qualsiasi suo sogno. Ad Ovest però del fumo nero rovinava il meraviglioso spettacolo. Gli Orchi stavano distruggendo ogni cosa e gli elfi si stavano ritirando sempre più nel bosco. Poi una nuova folata di vento lo fece turbinare come una foglia e quando si fermò le sue gambe straordinariamente magre cavalcano un Grifone reale!

Non basta chiedere,bisogna SAPER chiedere! Gli disse l’albero.
A volte è sufficiente la giusta motivazione per compiere miracoli…Ti presento Bribo.
Osservò il suo nuovo amico dal piumaggio azzurro e gli dette un buffetto sul capo. Lui si girò a scrutarlo e subito rispose con un’amichevole stridio.
« Siamo pronti!», annunciò pieno di carica.
Il volatile iniziò a correre sempre più rapido e dieci passi dopo si staccò dal suolo. La brezza serale scompigliò i lunghi capelli biondi e nello scostare delle ciocche dal viso scopri la piacevole sensazione di possedere un viso magro e scolpito. Ora si che era un vero elfo! E si sentiva in grado di combattere tutti quei mostri verdi anche da solo!
Sorvolarono lo scontro dall’alto. Gli elfi erano esausti ed il nemico li aveva accerchiati. Scese in picchiata senza timore e disarcionò due nemici in un sol colpo. Bribo assesto subito due beccate all’avversario più vicino e Rubbie con un’agile capriola si trovò affianco ai suoi compagni.
« Rubbie! Sei la nostra salvezza!». Gli gridarono per incoraggiarlo. Come potessero riconoscerlo nel suo nuovo aspetto era per lui un mistero.
« Ce la faremo, vedrete! L’Albero della Saggezza è accorso in nostro aiuto!», e dando le spalle agli amici si buttò nella mischia usando la scimitarra che era di nuovo al suo fianco, fendendo colpi in rapida successione.
Ma il cielo era di nuovo in tumulto. A differenza della prima volta non si trattava di frecce ma di un insieme d’ali azzurre. Le cavalcature elfiche erano arrivate in aiuto. Gli elfi salirono sui Grifoni reali e partirono all’unisono alla carica. Rubbie, che li aveva preceduti qualche minuto prima osservò l’emozionante scena poco più avanti.
Il nemico fu sconfitto, e le armate di Re Illyos tornarono a casa compiendo mirabolanti acrobazie ed ululando di gioia. Avevano salvato il loro Bosco Smeraldo! I cari che attendevano il loro ritorno con tribolazione d’ora in avanti potevano dormire sonni tranquilli e Rubbie non si era mai sentito meglio, era un tutt’uno con loro! Ma nel bel mezzo dei festeggiamenti l’incanto svanì e lui tornò ad essere il basso e grassoccio Rubbie. Osservò mesto la mutazione, il suo sogno era terminato.
Ma i suoi compagni continuavano a prenderlo per mano per ballare come avevano fatto pochi attimi prima, non badando alla sua trasformazione e allo stesso modo lui stava bene esattamente come prima. Era il vecchio Rubbie solo nel corpo, ma lo spirito si era rinnovato!
La gioia del popolo elfico era talmente grande che la festa durò fino alla mattina seguente. Quando il sole fece capolino all’orizzonte e le chiome del bosco si colorarono del luccicante colore da cui prendeva il nome, tornarono nelle case di corteccia. Rubbie si ritrovò di nuovo solo, troppo eccitato da tutto ciò che era accaduto per avere un briciolo di sonno, così decise di andare dall’Albero della Saggezza per ringraziarlo.
Le fronde rigogliose ondeggiarono in segno di saluto e le gocce di resina apparvero immediatamente appena raggiunse il grande tronco.
« Mi togli una curiosità?», gli chiese dopo un po’ che conversavano: « Perché nessuno della Valle ha parlato del mio aspetto?».

Perché tu non sei mai cambiato rispose l’albero.
Soltanto ai tuoi occhi eri diverso, merito di un mio artificio, ma per chiunque altro il tuo aspetto è rimasto quello di sempre!
« Ti ringrazio Salice, oggi mi hai fatto un regalo preziosissimo, mi hai donato la fiducia in me stesso!».
Le gocce di resina che raffiguravano la bocca si espansero in un delizioso sorriso.
« Voglio lavorare per te», decise il giovane elfo pieno di entusiasmo.
« E così sarà», rispose una voce cavernosa prima di aprirsi un varco fra i rami cadenti.
« Io non avrò le forze per pregare per tutti ancora per molto. Il lavoro del mentore è molto faticoso e così in accordo con Lui ti prenderò come mio discepolo».
E l’Albero della Saggezza regalò a entrambi una nuova visione, il loro imminente futuro. L’uno a fianco all’altro alle sue radici a pregare per i secoli a venire per la pace e la prosperità della loro specie.


Pubblicato da Lacchan

Nata il 14 Giugno 1986, si diploma in Ragioneria e consegue la Laurea in Economia e Commercio, coltivando come hobby la passione per il disegno e la scrittura. Nel 2014 il suo racconto "L'Isola che (non) c'era" viene inserito nell'e-book Discover - Racconta il tuo viaggio edito da Sogni Low-cost

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